Gianni Parenzo, vicepresidente della comunità ebraica di Padova, e sua moglie Michela Caracciolo, hanno incontrato gli studenti delle classi quinte dei licei Artistico, Economico Sociale e delle Scienze Umane Celio Roccati nella mattina del 2 febbraio, per ricordare e raccontare l’orrore. “È doloroso rinnovare i ricordi, ma il posto più giusto per farlo è proprio la scuola, per consegnare alle giovani generazioni l’eredità di quanto è avvenuto e non dovrà ripetersi”.
Gianni Parenzo ha raccontato la vicenda del padre, avvocato, che a seguito delle leggi razziali aveva dovuto esercitare la professione solo tra i 400 ebrei di Padova, con grave danno economico. A seguito dell’armistizio del ’43 ha poi avuto l’intuizione della gravità del pericolo e si è rifugiato in Svizzera fino al termine del conflitto. Oltre confine si era adattato a raccogliere latte per un albergo in cui prestava servizio. Sua moglie Michela Caracciolo, commossa perché ha ritrovato una parte della sua giovinezza, in quanto è stata studentessa proprio al Celio, ha raccontato la deportazione di sua madre al campo di Bergen Belsen. Poiché era laureata in medicina e sapeva parlare il tedesco, era stata destinata alla Baracca 12, una sorta di infermeria, dove aveva un’alimentazione discreta e la possibilità di aiutare le persone malate. Dopo la liberazione, ha inviato a Gerusalemme, allo Yad Vashem, i molti biglietti ricevuti come segni di stima, affetto e riconoscenza da tutte le persone che ha curato e aiutato.
Prima dei saluti sono state proiettate le immagini di lavori dei ragazzi del liceo Artistico e fatte alcune riflessioni con i ragazzi in merito alle altre persecuzioni e genocidi del XX secolo e sulla situazione attuale: Aleppo, Sarajevo, Ruanda sono solo alcuni degli esempi citati, accanto al pericolo dei fanatismi religiosi.
La mattinata è poi proseguita con un intervento musicale a cura di un gruppo di studenti dell’Istituto e con la proiezione del film “Ogni cosa è illuminata” di Liev Schreiber del 2005. Si tratta della trasposizione cinematografica dell’omonimo libro di Jonathan Sofran Foer, in cui l’autore racconta del suo viaggio, fisico e spirituale, sulle orme del nonno, alla ricerca del suo passato.
In chiusura la visita all’installazione del Liceo Artistico dal titolo “A ritroso nel tempo” e alla mostra fotografica di Bruno Maran, intitolata “Jasenovac 1945 / Srebenica 1995”. È dedicata a due luoghi della memoria legati a due diversi drammi: Jasenovac 1945, il terzo campo di concentramento per dimensioni, e Srebrenica 1995, teatro del più vasto massacro di civili sul territorio europeo dopo la seconda Guerra Mondiale.